L’inizio dell’estate in genere bene si presta ad una sorta di bilancio intermedio dell’attività aziendale, con il quale si valuta il lavoro svolto fino a questo momento dell’anno, e si pianificano le attività da fare durante il classico rallentamento di questi mesi.
In questo articolo vorrei dare dei facili spunti di riflessione su tematiche diverse dall’edillizia, ma che con l’edilizia condividono le sorti, oppure la influenzano o ne sono conseguenza.
Parliamo del futuro di un comparto tradizionalmente “lento”.
Cambia la sensibilità ambientale… ma quella dell’edilizia?
Ho assistito recentemente ad un evento organizzato da Edilportale, che sviscerava il tema del rapporto – storicamente dolente – tra ambiente e addetti al mondo delle costruzioni, in primis architetti.
Durante la sessione è stata posta una semplice domanda: se la sensibilità ambientale e l’attenzione a quello che avviene nel nostro habitat stanno aumentando, occupando sempre più di frequente la ribalta dei mass media, perché l’edilizia ancora non le sposa completamente?
Perché gli attori del mondo edile, a partire da architetti e progettisti, fino alle singole imprese di costruttori, non stanno cambiando?
Forse perché quello dell’edilizia è un ecosistema che fa fatica a cambiare, rifiutando input dall’esterno?
Che il settore si consideri una macchina il cui funzionamento è assodato e immutabile, e opponga quindi resistenza al cambiamento?
Le ricadute di un ripensamento del ruolo dell’edilizia sarebbero molteplici.
Riqualificazione ed efficientamento energetico, forma della società, ecologia e protezione dell’ambiente, salubrità delle città: i campi aperti alla speculazione intellettuale – e si spera quanto prima pratica – sono molteplici.
Casa: prima ancora del comfort, la salute
E’ un tema che mi sta particolarmente a cuore, e che trasferisce le preoccupazioni per la salute ambientale al microcosmo della vita di famiglie e individui.
Le abitazioni saranno sempre più spesso progettate tenendo al primo posto concetti come biologia, salubrità, salute, non nocività dei materiali impiegati.
Lo stesso discorso vale chiaramente anche per le sedi aziendali, per quanto da noi in questo momento escluse da qualunque appoggio fiscale al rimordernamento. Perché non va dimenticato che l’uomo assorbe le condizioni dell’ambiente nel quale lavora, e le tramuta nella sua maggiore o minore produttività.
Innovazione e specializzazione
Possiamo provare a fare una previsione.
L’unica impresa di riferimento, che gestisce ogni singolo aspetto del cantiere edile – dal progetto alla consegna delle chiavi nelle mani del committente – diventerà un concetto obsoleto.
Al suo posto, come già è avvenuto nel campo della medicina, una pluralità di professionisti iper-specializzati, a svolgere compiti estremamente defininti e circoscritti.
C’è la gestione finanziaria del cantiere, quella logistica, c’è il rapporto tra committenza e impresa, e c’è l’utilizzo di tecniche di costruzione, tecnologie e strumenti innovativi che richiedono proprio per la loro natura un grado di specializzazione impensabile per l’impresa (o l’artigiano) tuttofare.
Come reagirà il comparto italiano, composto in gran parte da un pulviscono di piccole imprese?
Un futuro per la tradizione
Ne abbiamo già parlato (qui e qui). Eppure, non passa settimana che qualche innovazione non compaia anche all’orizzonte dell’edilizia.
La bioedilizia sta infine predendo piede anche nel nostro paese, e lo fa riscoprendo antichi materiali che funzionano alle perfezione in nuove applicazioni.
Qui ricerca, storia e riuso quasi si confondono in un unico calderone.
Alcuni esempi.
La canapa, materiale naturale dai mille usi, è impiegata ora in molteplici applicazioni anche nell’edilizia.
I pallet vengono sempre più spesso riutilizzati, soprattutto a livello di arredamento e interior design, riducendo così gli scarti del lavoro edile.
E poi c’è il legno, con il quale vengono costruite case che ormai sono resistenti e sicure quanto quelle in muratura… anche nel confronto degli incendi!
Insomma, un settore “lento” come quello dell’edilizia è invece un possibile attrattore di sviluppo, innovazione e crescita. Al di là di investimenti e sovvenzioni, quello che davvero serve è soprattutto lo spirito: che al pari della parte tecnica e finanziaria deve evolvere, per accogliere positivamente le nuove sfide che il comparto si trova a vivere.